Venerdì 6 Dicembre 2024

21:09:36

LO SPARTIACQUE DELL'ISTRUZIONE PARENTALE di Nili Santoro

Ispirata dalla lettura di Lo Hobbit di Tolkien e dall’ instancabile cammino dei nani nella foresta, penso alle famiglie che istruiscono i figli tra le mura di casa come ad una lenta marcia nel folto bosco. Spiragli di luce tra le fronde, giornate di lungo cammino, qualche prato erboso in cui si infila la luce del sole di tanto in tanto. Notti insonni a pensare all’ indomani. Ruscelli di acqua fresca, qualche tempesta, a volte il freddo, a volte il caldo scuotono il nostro incedere. Attenti ai rumori, ai movimenti, cerchiamo le tracce di una cultura perduta. Dalla cima degli alberi scorgiamo cose alte. Non siamo soli, altri come noi camminano nel bosco. E ogni giorno il bosco si schiude e si spiega. Gli orizzonti si aprono lentamente a noi che, miseri e poveri di mezzi, ci siamo fatti un punto d’onore di tentare il salvataggio della fede e della cultura. Il nostro viaggio comporta un certo lavoro quotidiano nel dipanare matasse, sciogliere nodi, dirimere questioni. La forza centrifuga cui siamo sottoposti durante il cammino, da parte delle forze opposte, ci sbatacchia un po’, eppure non siamo esenti da piccoli passi avanti nella comprensione della nostra piccola missione. Ogni giorno le cose si fanno più chiare, seppur nella fatica. Se due anni fa abbiamo scelto di adoperare fino in fondo la libertà educativa di cui godiamo come genitori è perché avevamo le idee chiare su alcuni concetti che riguardano il patto educativo scuola-famiglia. Un patto frantumato da entrambe le parti. La scuola ha rinunciato all’educazione, alla vera cultura, alla bellezza, alla verità, in nome di una neo-pedagogia tutta dedita alle competenze e all’inclusività. All’ignoranza, per dirla tutta. La famiglia ha demandato ogni responsabilità e scelto di “statalizzare” il proprio ruolo, scrollandosi di dosso le fatiche e le gioie di educare. Lo stato e la società corrotti e la chiesa apostata condiscono questo piatto generando uomini e donne intubati in un polmone d’acciaio senza prospettive. Ogni giorno, a frotte. Per chi è rimasto vigile la scelta s’impone: tenere i figli a casa. Ma la domanda è: scuola parentale o scuola a casa? In gruppo o da soli? Ci siamo passati tutti. All’ inizio pareva più dignitoso ambire a che i bambini vivessero l’istruzione in una classe, ché potessero guardarsi l’un l’altro durante lo studio: cerchiamo famiglie come noi! Ecco appunto. Come noi, come? E qui si è aperta la voragine. Il mondo. Dei cattolici. E poi, dei cattolici della tradizione. Che sono un mondo nel mondo. E abbiamo iniziato con i pomeriggi su internet e poi al telefono e in seguito siamo passati ai fatti e sono nate le amicizie. Tutto questo intenso cammino, percorso da molte altre famiglie come noi, in altre regioni e in altre città, ha condotto, prima o dopo, tutti a sognare una piccola, bella, sana scuola all’ antica, dove una maestra unica, amorevole, colta e onesta, potesse riportarci indietro di cent’anni per qualcuno, cinquanta per qualcun altro, a seconda del grado di comprensione della crisi. Per un certo periodo (breve, in realtà), pareva di aver raggiunto l’obiettivo, pareva di aver scoperto con un sospiro di sollievo che non eravamo soli, che altri avevano avvertito gli stessi ultrasuoni uditi da noi, che un allarme ci avesse radunati e fatti incontrare, in una radura quieta. E così in effetti, in taluni casi, è stato. Ma, come sempre accade quando dalle parole si deve passare ai fatti, gli ultrasuoni si sono affievoliti in poco tempo di fronte quello che potrei chiamare in molti modi ma che si riassume con “il nostro limite”. Quel non so che di misero e squallido che tutti ci accomuna e che galleggia stabilmente nei sogni di ogni uomo cattolico, tradizionalista, sovranista, antimassonico, controrivoluzionario, amante del bello del buono e del vero, che sia. La nostra povera cattolicità sbandata da una chiesa che non governa il suo gregge e non sostiene, ma tradisce il fuoco amico e da cui non abbiamo problemi a dire che dobbiamo guardarci. La modernità di cui siamo impastati, volenti o nolenti, che aggrava e svilisce ogni nostro volo pindarico. Se così non fosse non saremmo qui a sproloquiare di bosco e di scuola a casa o non a casa. Avremmo scuole cattoliche, rifugi in cui mandare al sicuro i nostri figli, bastioni di cristianità tramite cui assicurare alla società una vera classe dirigente. Uomini che siano uomini, coraggiosi, forti, sapienti, comandanti. Donne savie, miti, devote, forti nei loro uomini. No. Siamo nella polvere della guerra, affondati fino al collo nel campo di battaglia e con questa polvere, le urla, gli abissi dei veri abusi, della violenza alle famiglie, del gender, dell’eutanasia di stato, dell’abominio e della corruzione, è obbligatorio ritagliare finestre di pace, di silenzio, di bellezza, di verità per crescere i figli nella quiete, per donare loro momenti di armistizio con la vita. E credete che sia facile farlo con altre famiglie? Abbiamo convenuto che in questo momento la prospettiva di fare tutto ciò in comitiva era un tantino pretenzioso. E così ci si apre alla vita familiare. E uso il verbo aprire in netta e voluta contrapposizione con il suo contrario: chiudere, che, per l’appunto, è il verbo che tutti usano contro di noi. La vita in famiglia è un volo senza fine, in cui ognuno si lancia con i propri mezzi e che spesso occorre rifilare, ridefinire, perché quello che è utile a me, a volte non aiuta l’altro. Ed è un continuo correggere il tiro per volare in stormo ordinato. Quando abbiamo scoperto questo, ci si è dischiuso davvero il mondo dei “come noi”. Per una scuola parentale cattolica che chiude, ci sono decine di famiglie che capiscono che se la famiglia è nel mirino delle forze del male, noi diamo battaglia in compagnia della famiglia, a dimostrazione che essa è la cellula natale della società e il sostegno di ogni civiltà. A chi mi scrive per avere consigli, contatti, sostegno dico: ogni volta che pensate di aprire una scuola parentale veramente cattolica non pensiate mai di farlo in parrocchia col consenso del vescovo o il sostegno di un parroco. E se volete farlo in comitiva con altri sappiate che la situazione si complicherà, se non avrete messo in chiaro le cose che leggerete in fondo. Sono solo due. In ogni caso la famiglia sarà la vostra scuola, la vostra roccaforte.  E se le roccaforti resteranno in tenace e perseverante contatto fra loro, la forza della battaglia sarà più efficace. Se non ve la sentite, potete rivolgervi a ordini religiosi di certa e sicura provenienza. Sacerdoti o suore insegnanti che siano ben saldamente ancorati alla vera ed unica millenaria tradizione della chiesa cattolica. Spronandoli ad appoggiarvi, ad aprire vere scuole cattoliche, in cui tutti ancora crediamo, nonostante le ossa rotte dalla lotta. Ed è perfettamente inutile nascondercelo, la garanzia di una sana cattolicità proviene esclusivamente dall’adesione incondizionata e consapevole alla liturgia e alla dottrina preconciliare. Alla messa in rito romano antico, la messa di sempre, al magistero perenne di santa Romana Chiesa. Perché il nodo di tutta battaglia si trova esattamente in questo semplice punto. Nel 2020 lo spartiacque è qui, nella s. Messa. Ora non possiamo più nasconderci, perché chi la cerca la trova, in ogni città e se non la trova, che la desideri. Almeno. Quelli che celebrano la cena protestante prima o poi non saranno più cattolici e di conseguenza non possono garantire l’educazione che noi andiamo cercando per i nostri figli. A tutti dico, cercate solo due cose: la vera S. Messa che garantisce la validità dei sacramenti e la pace in famiglia. Fatti questi passi, uno alla volta, il centuplo arriverà. Che, nella fattispecie, si traduce in crescita spirituale e sante amicizie per tutta la famiglia. Acqua fresca per le nostre bocche assetate.