Sabato 27 Aprile 2024

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Adozione, non fecondazione

Sempre più spesso capita di notare come, nel momento in cui una coppia ha difficoltà ad avere figli, automaticamente pensa di ricorrere alla fecondazione artificiale, anche eterologa, se non addirittura all’utero in affitto. Ci si dimentica molto spesso di un atto di carità assoluta, forse uno dei più importanti che si possa compiere: l’adozione. San Giovanni Paolo II, il Papa che più ne ha parlato, nella Evangelium Vitaeaffermava che «un'espressione particolarmente significativa di solidarietà tra le famiglie è la disponibilità all'adozione o all'affidamento dei bambini abbandonati dai loro genitori o comunque in situazioni di grave disagio. Il vero amore paterno e materno sa andare al di là dei legami della carne e del sangue ed accogliere anche bambini di altre famiglie, offrendo ad essi quanto è necessario per la loro vita ed il loro pieno sviluppo» (n. 93). Non si vuol dire che non ci sono coppie che adottano, o almeno che chiedono l’idoneità all’adozione, anzi. Solo che sembra molto più facile, e di moda, ricorrere alla fecondazione artificiale; molto più comodo pensare di risolvere il problema senza difficoltà, affidandosi ad una medicalizzazione della cosa più naturale del mondo. Peccato, però, che tanto comoda come soluzione non sia. Numerosi studi infatti descrivono le varie problematiche che la fecondazione artificiale porta, sia sul piano fisico ed economico[1], sia sul piano psichico[2]. E questo senza riuscire ad avere un figlio, almeno alla prima volta. È chiaro che c’è qualcosa che non va. Molte persone con cui ci si trova a parlare sono convinte che la fecondazione sia sinonimo di bambino in braccio in un amen, quando invece le statistiche spiegano inesorabilmente che la percentuale di riuscita alla prima volta è bassissima. Allo stato attuale, infatti, si ha una probabilità di gravidanza del 18% dei cicli ovulatori femminili e tre quarti di queste arrivano al parto. È palese che le coppie non vengono informate in modo adeguato sulle non alte probabilità di successo e sui rischi connessi alla stessa[3]. Questi sono studi che non hanno bisogno di confessionalità per far ragionare attentamente sull’argomento e dare una visione per intero (anche dei punti dolenti) della fecondazione artificiale, per una più consapevole decisione. A maggior ragione, chi si professa cattolico ha un ulteriore, e ben più importante, motivo per preferire l’adozione alla fecondazione artificiale (omologa o eterologa che sia): la contrarietà della seconda alla volontà di Dio, il Quale ha creato l’uomo in modo che l’atto procreativo e quello unitivo fossero inscindibili[4]. La Chiesa infatti ha sempre condannato l’inseminazione e la fecondazione artificiali definendole immorali, proprio per la dissociazione che si crea nell’atto degli sposi, «instaurando così un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana»[5] e ledendo «il diritto di un figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui, legati tra loro dal matrimonio e aventi il diritto esclusivo a diventare genitori soltanto l’uno attraverso l’altro»[6]. La Chiesa ci spiega tra l’altro che anche se «praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili»[7] e questo perché anch’esse dissociano l’atto unitivo da quello procreativo. Con la fecondazione artificiale si verifica, quindi, una spersonalizzazione dell’atto procreativo. Lo si fa diventare un processo tecnologico, portando a quella immoralità che non è dovuta per forza ad una prescrizione religiosa, ma al fatto oggettivo che, con la scissione tra atto unitivo ed atto procreativo, si contraddice all’antropologia integrale. Nella Humanae vitae, Paolo VI, per contrastare chi «nel tentativo di giustificare i metodi artificiali di controllo delle nascite» faceva «appello alle esigenze, sia dell’amore coniugale, sia di una paternità responsabile»[8] ribadì come la dottrina della Chiesa, esposta dal magistero, «è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo».[9] Non è difficile comprendere la ratio di tale dottrina, non servirebbe in teoria nemmeno aver fede, è un dato di buon senso antropologico: questi due significati sono inscritti da Dio nell’essere dell’uomo e della donna, così, se qualcuno scinde questi due aspetti, si fa arbitro del piano di Dio e va così a manipolare la sessualità umana, avvilendola ed alterandone il valore di donazione completa[10]. Si va in sostanza a creare artificialmente la vita. A mettersi al posto di Dio. In questo contesto rientra anche la visione corretta che si deve avere di un figlio. «Il figlio è un dono di Dio, il dono più grande del matrimonio. Non esiste un diritto ad avere figli… Esiste invece il diritto del figlio ad essere il frutto dell’atto coniugale dei suoi genitori e anche il diritto di essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento»[11]. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha ribadito con ferma chiarezza questo principio nella Donum vitae[12]. Quel che invece si constata al giorno d’oggi è proprio una pretesa al diritto al figlio. Questo diritto però, se ci pensiamo, non è mai stato rivendicato nella storia, perché si comprendeva che il concepimento di una vita non è qualcosa di cui possiamo disporre completamente. L’uomo e la donna sono solo partecipi del disegno di Dio nella procreazione e possono parteciparne sempre e soloaderendo responsabilmente al diritto naturale, che, indubbiamente ed incontestabilmente, fa nascere un figlio solo dall’unione totale (atto unitivo e atto procreativo) della coppia. «I genitori sono chiamati a servire e non a servirsi della vita per eventualmente soddisfare un proprio bisogno. Il genitore serve, non si serve del figlio. Dunque, un conto è risolvere tecnicamente patologie, altro è risolvere la sterilità andando a sostituire l’atto coniugale. Nel caso della vita, l’uomo si trova dinanzi ad un mistero in cui la medicina può aiutare il corso naturale, ma non sostituirlo» (Prof. Corrado Gnerre, su Il Settimanale di Padre Pio n. 40 del 12.10.2014). In alternativa a queste discutibili vie, con tutti i problemi che possono portare alla donna e alla coppia, sembra molto più ragionevole  e naturale ricorrere all’adozione. Questa è amore vero, concreto ed è una strada che, nonostante le sue difficoltà, è possibile e bella[13]. C’è chi obietta che anche nell’adozione il figlio non è biologicamente proprio, ma comunque di sconosciuti, tentando così di equiparare l’adozione alla fecondazione artificiale. La differenza è però oggettiva: nell’adozione di parla di un bambino già in vita, solo, senza famiglia, a cui si dà amore e non di un bambino che si “crea”, manipolando quel che non è in nostro potere[14]. Anche qui siamo di fronte a qualcosa che è possibile comprendere anche con la forzatura di distaccarsi dalla Fede. Dico forzatura perché è difficile riuscire a rimanere nella logica delle cose se si cerca di distaccare la procreazione dal diritto naturale che è quello iscritto da Dio in ogni uomo. La Chiesa Cattolica loda e incoraggia tutti coloro che non hanno figli ad adottare, ribadendo che il ricorso alla medicina deve rimanere nel limite del legittimo[15]. La intende infatti un vero e proprio «servizio alla vita, è espressione di fecondità spirituale»[16]. «Il giudizio espresso dal Magistero della Chiesa Cattolica è sempre nel senso di indicare l’adozione come una forma eminente della missione ecclesiale dei coniugi, dell’apostolato della famiglia quale “centro e […] cuore della civiltà dell’amore”»[17]. L’adozione crea un vera paternità, «c’è una “generazione” che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione»[18]. Nella Familiaris Consortio, pur evidenziata la differenza con la procreazione biologica, si evidenzia comunque l’importanza dell’adozione, valorizzandola al massimo[19]. In conclusione l’adozione è l’estensione dell’amore famigliare dei vincoli di carne e sangue, che caratterizzano una paternità biologica, e questo è un elemento importantissimo: permette infatti di non cadere nell’errore di intenderla come una semplice sostituzione, un mezzo atto solamente a risolvere i problemi dell’infertilità di una coppia. Così come, la preparazione che oggi i coniugi hanno con specifici corsi (come ad esempio quello organizzato dal Comune di Teramo per le coppie pre domanda di idoneità e post adozione), unita a  quella istintiva volontà di fare un servizio alla vita, permette di accogliere in totale responsabilità e consapevolezza il bambino che arriverà con tutti i problemi che questo potrebbe portarsi dietro (ci potrebbero essere diversi tipi di problemi, avendo il piccolo vissuto comunque una situazione di disagio). La grandezza, l’importanza dell’adozione non sta nel risultato (caratterizzato da tante variabili molto spesso non legate all’amore e alla dedizione che la coppia mette, ma al vissuto del bambino), bensì, come ricordato anche da San Giovanni Paolo II, nella imitazione della paternità misericordiosa di Dio. Al giorno d’oggi, purtroppo, a fronte di numerosi bambini che, per la morte o l’inabilità dei genitori, restano senza famiglia, ci sono tante coppie che decidono di restare senza figli per i motivi più svariati (non di rado egoistici, ma anche economici, sociali, perfino burocratici). Molte però, per riallacciarmi all’inizio dell’articolo, nel desiderio di avere un bambino "proprio" a qualunque costo, nella convinzione di avere quel “diritto al figlio” che tanto va di moda, vanno ben oltre il legittimo aiuto che la scienza medica può assicurare alla procreazione, spingendosi a pratiche moralmente riprensibili. Nei confronti di tali tendenze occorre ribadire che a legge morale tutela il vero bene dell’uomo, e in questo caso il bene del bambino, rispetto all’interesse degli stessi genitori. Il tutto non tenendo conto che tanto si potrebbe fare in maniera eticamente corretta nello studio sull’infertilità, come già molti studiosi fanno, senza però avere un adeguato sostegno economico[20]. Molte coppie che non hanno il dono del figlio potrebbero compiere atti d’amore puro, salvando molti bambini già nati da una vita senza famiglie, e così evitare di manipolare quel che è stato definito da Dio in modo preciso. Si ritiene quindi che un modo, tra i tanti, per contrastare il ricorso alla fecondazione artificiale e tutte le problematiche ad essa connesse, ma anche all’aborto, è una sempre maggiore campagna di sensibilizzazione verso l’adozione.   [1] «Ci sono coppie che spendono sino a 100.000 dollari, altre che ipotecano la casa, altre che per un figlio high tech sono disposte alle sperimentazioni più assurde e pericolose»; «Ancora più interessante  il mercato degli ovuli, che comporta una procedura complessa cui la donna deve essere sottoposta: iniezioni giornaliere per sollecitare le ovaie, prelievi del sangue, esami agli ultrasuoni per vedere se gli ovuli maturati a forza sono “buoni” o meno … Le “conseguenze a lungo termine” sulle donne che subiscono queste pratiche … “sono sconosciute”», Scritti di un pro-life. Dal divorzio a Eluana Englaro. Francesco Agnoli, Fede & cultura, pag. 35. [2] «Nella fecondazione artificiale il figlio viene aggregato o introdotto dall’esterno nella famiglia e, nel caso della fecondazione eterologa, oltre ad introdurre una terza o quarta persona, è anche privato dell’identità dei propri genitori». Dunque, «i rapporti genitori-figli vengono sconvolti. La figura stessa del “genitore” viene stravolta, ridotta al rango di prestatore materiale biologico con cui generare un “figlio”. Poi nella fecondazione artificiale eterologa e nella pratica del cosiddetto utero in affitto, le regole di filiazione ne risultano sconvolte», Bioetica per tutti. Ramon Lucas Lucas. San Paolo, pagg.57/58. [3] «Quanti spiegano agli aspiranti genitori che, come “recenti studi dimostrano i bambini concepiti con la Fiv potrebbero avere un rischio più alto di difetti congeniti”, di “difetti urologici e un maggior rischio di sviluppare il cancro nella prima infanzia”? Che la Fiv produce anche una percentuale molto più elevata di parti gemellari, il 37% secondo uno studio recente, che a loro volta producono gravidanze molto più complicate e maggiori probabilità di nascite premature o sottopeso?», Scritti di un pro-life. Dal divorzio a Eluana Englaro. Francesco Agnoli, Fede & cultura, pag. 36. [4] «Quale significato ha l’atto coniugale? L’atto coniugale ha un duplice significato: unitivo (la mutua donazione dei coniugi) e procreativo (l’apertura alla trasmissione della vita). Nessuno deve rompere la connessione inscindibile che Dio ha voluto tra i due significati dell’atto coniugale, escludendo l’uno o l’altro di essi», Can. 496 Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica. [5] Can. 499 Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica e Can. 2376 Catechismo della Chiesa Cattolica. [6] Ibid.. [7] Can. 2377 Catechismo della Chiesa Cattolica. [8] Humanae vitae, n. 7, Paolo VI. [9] Ibid., n. 12. [10] Familiaris consortio, 32, San Giovanni Paolo II. [11] Can. 500 Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica; anche il can. 2378 Catechismo della Chiesa Cattolica. [12] «Tuttavia il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma soltanto il diritto di porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati alla procreazione Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura. Il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, "il più grande" e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori. … Le coppie sterili non devono dimenticare che "anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può essere occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita delle persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati"». Donum Vitae. Parte II, 8, Congregazione per la dottrina della Fede. [13] «Il ministero di vita dei coniugi non si attua unicamente nell'opera generativa ed educativa dei propri figli; si esprime anche nelle più varie forme di «fecondità spirituale». Tra esse ricordiamo: - la disponibilità ad accogliere e ad aiutare anche i figli degli altri, nella consapevolezza che  tutti sono figli di Dio, unico e universale Padre; … - la generosità disinteressata nel far ritrovare ai bambini abbandonati e soli il calore affettivo di una famiglia mediante l'adozione», La comunità cristiana e l’accoglienza della vita umana, 1978, CEI. [14] «L’adozione va a sanare una questione che è in atto (bambini che esistono e sono senza genitori), nel caso dell’eterologa, o della maternità surrogata, si genera volutamente un figlio biologico di un genitore sconosciuto», Prof. Corrado Gnerre, su Il Settimanale di Padre Pio n. 40 del 12.10.2014. [15] «Che cosa possono fare gli sposi, quando non hanno figli? Qualora il dono del figlio non fosse loro concesso, gli sposi, dopo aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, possono mostrare la loro generosità mediante l’affido o l’adozione, oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo. Realizzano così una preziosa fecondità spirituale», can. 501 del Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica. [16] «Adottare dei bambini, sentendoli e trattandoli come veri figli, significa riconoscere che il rapporto tra genitori e figli non si misura solo sui parametri genetici. L’amore che genera è innanzitutto dono di sé. C’è una "generazione" che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione. Il rapporto che ne scaturisce è così intimo e duraturo, da non essere per nulla inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica. Quando esso, come nell’adozione, è anche giuridicamente tutelato, in una famiglia stabilmente legata dal vincolo matrimoniale, esso assicura al bambino quel clima sereno e quell’affetto, insieme paterno e materno, di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano. Proprio questo emerge dalla vostra esperienza. La vostra scelta e il vostro impegno sono un invito al coraggio e alla generosità per tutta la società, perché questo dono sia sempre più stimato, favorito e anche legalmente sostenuto», Udienza ai partecipanti all’incontro delle famiglie adottive promosso dalle missionarie della carità, 05.09.2000, Giovanni Paolo II, n. 4 [17] Lettera alle famiglie, 13, San Giovanni Paolo II [18] Alle famiglie adottive, 4, San Giovanni Paolo II [19] «Il rapporto che ne scaturisce è così intimo e duraturo da non essere per nulla inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica», Alle famiglie adottive [20] «Molti ricercatori si sono impegnati nella lotta contro la sterilità. Salvaguardando pienamente la dignità della procreazione umana, alcuni sono arrivati a risultati che in precedenza sembravano irraggiungibili. Gli uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a proseguire nelle loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della sterilità e potervi rimediare, in modo che le coppie sterili possano riuscire a procreare nel rispetto della loro dignità personale e di quella del nascituro», Donum Vitae. Parte II, 8, Congregazione per la dottrina della Fede Pierfrancesco Nardini