Mercoledì 15 Maggio 2024

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Tempo autentico e tempo inautentico

La questione del tempo è legata alla questione dell’uomo. Chiedersi cosa è il tempo è come chiedersi chi è l’uomo. Ciò perché l’uomo, sulla faccia della terra, ha consapevolezza del tempo. Gli animali, non avendo autocoscienza, non hanno alcuna consapevolezza del trascorrere dei fatti. Ma cosa è il tempo? A questa domanda si potrebbe rispondere molto semplicemente facendo appello al senso comune: il tempo è durata delle cose e successione di fatti.Definizione semplice, scontata e abbastanza esauriente. Il tempo, infatti, implica il trascorrere di un qualcosa. Senza la dinamica della successione non può esserci tempo. Se però volessimo passare dalla definizione del tempo alla sua valutazione, allora ci accorgeremmo di non poterci accontentare di sapere che il tempo è durata delle cose e successione di fatti. Per capire quando il tempo è autentico e quando non lo è bisogna indirizzare l’indagine sulla mèta del tempo. Il tempo dove è indirizzato? Il tempo è un andare verso il nulla o verso qualcosa? Non ci vuole molto per capire che il tempo è un po’ come il camminare, che, paradossalmente, si realizza proprio quando svanisce, cioè quando ci si ferma. Solo arrivando alla mèta il cammino acquista senso. Così anche il tempo acquista senso solo quando si arresta. Il tempo nel suo scorrere non si capisce. Può assumere significato solo quando è indirizzato verso qualcosa che lo può arrestare e lo può “compiere”. Ma cosa può davvero “compiere” il tempo? La risposta è unica: l’eternità … nient’altro che l’eternità. Quando si vogliono conoscere le varie concezioni del tempo che si sono alternate nella storia del pensiero va necessariamente tenuta in considerazione una tipologia fondamentale che divide due grandi concezioni: Il tempo senza l’eternità il tempo per l’eternità.   Il tempo senza l’eternità   In questa tipologia ritroviamo la concezione del tempo come semplice scorrere ma senza un fine. Non c’è un obiettivo, non c’è una mèta, nulla è riconoscibile al di fuori del tempo stesso. In questa tipologia si possono individuare almeno cinque concezioni:
  1. Tempo ciclico
  2. Tempo soggettivo
  3. Tempo materiale
  4. Tempo fenomenologico
  5. Tempo ineluttabile
  Diciamo qualcosa in merito a queste singole concezioni. La concezione del tempo ciclico fu dominante nel mondo antico. A differenza di ciò che solitamente si dice, la convinzione secondo cui il tempo avrebbe una dimensione circolare e quindi si configurerebbe come una sorta di “eterno ritorno” si deve non solo al fatto che in tale concezione non viene riconosciuto né un inizio né una fine, ma anche (io ritengo) soprattutto perché nelle culture pagane mancava un autentico concetto di persona. La persona è l’essere individuale razionale, cioè responsabile, quindi libero. Dal momento che nelle culture pagane l’uomo veniva concepito come vittima del capriccio di forze sovrastanti la sua vita (dèi e destino), ecco che la storia veniva concepita non come l’esito dell’esercizio della libertà umana ma come un divenire che inglobasse meccanicamente l’uomo. Da qui la concezione circolare e non rettilinea del tempo. La concezione del tempo soggettivo fa riferimento alle correnti filosofiche tipiche dellamodernità: razionalismo, empirismo e kantismo. La modernità si fonda sull’esaltazione dell’individuo sul piano politico e del soggetto su quello conoscitivo. Se la conoscenza è prevalentemente soggettiva, anche il tempo sarà prevalentemente soggettivo. Kant giunse ad affermare che il tempo è una categoria trascendentale che l’intelletto porrebbe affinché la conoscenza del reale possa essere possibile. La concezione del tempo materiale fa riferimento alle correnti filosofiche più specificamente materialiste. La materia è tutto, nulla esiste al di fuori della materia, dunque anche il tempo è solo successione quantitativa di fatti. Una successione che può essere “lineare” come afferma il semplice materialismo, oppure “dialettica” come afferma il marxismo, ma pur sempre una successione quantitativa di fatti. La concezione del tempo fenomenologico fa riferimento non solo alla fenomenologia di Husserl ma anche al “vitalismo” di Bergson. Per capirci qualcosa bisogna saper intendere il “fenomeno” come termine filosofico. Esso non è semplicemente la realtà in quanto tale, bensì la realtà così come appare e si fa conoscere dal soggetto. Per cui il “fenomeno” non è la realtà in sé, bensì la realtà colta dal soggetto. In Bergson è la realtà “colta dal vissuto del soggetto”, quindi dalla situazione individuale del soggetto stesso. Insomma, per farla breve, riaffiora la componente soggettiva. Siamo sempre nell’ambito del soggettivismo moderno: il tempo ha senso se è filtrato dalla soggettività umana. La concezione del tempo ineluttabile fa riferimento prevalentemente al pensiero di Heidegger. Per il filosofo tedesco si può studiare l’essere solo attraverso l’ente. L’ente privilegiato per cogliere l’essere è l’uomo e il punto di partenza antropologico riduce tutto il reale a prospettiva antropologica. Dal momento che l’uomo è segnato dalla morte, la morte stessa diviene il principio di definizione del reale… e la morte diviene il principio di definizione del tempo. È una concezione del tempo… per la morte.   Il tempo per l’eternità   Dunque concepire il tempo senza l’eternità porta inevitabilmente al “tempo per la morte” (Heidegger). È la dissoluzione del tempo. Ma c’è anche un altro modo di concepire il tempo ed è pensarlo indirizzato all’eternità, cioè tempo che è finalizzato per l’eterno. Il tempo che riconosce l’eternità e trova significato solo in questa dimensione. In questa tipologia ritroviamo tutti i filosofi che hanno riconosciuto la metafisica classica, la quale, ovviamente, apre al riconoscimento del fondamento del reale e quindi al riconoscimento razionale di Dio, come creatore (quindi altro) del reale. In questa tipologia si possono individuare almeno due concezioni:  
  1. Il tempo “immagine dell’eternità”
  2. Il tempo “distensione dell’eternità”
  È Platone che definisce il tempo come “immagine dell’eternità”. Definizione non solo bella ma anche indiscutibilmente vera. La filosofia di Platone può essere riassunta in una sola parola: “nostalgia”. Tutto il suo pensiero è legato a questo stato d’animo. Platone afferma che l’unica spiegazione dell’esistenza di molti desideri di assoluto e di infinito che albergano nel cuore dell’uomo sta nel fatto che l’uomo proviene dall’Assoluto e dall’Infinito. Così come la vita dell’uomo, anche il reale è un’immagine dell’Eterno. Ed è immagine dell’Eterno anche il tempo. Platone, però, da pagano, si ferma ad un tempo che riflette l’eternità. Questa rimane sul piano del reale senza coinvolgere pienamente il soggetto. È sant’Agostino che completa stupendamente l’intuizione platonica. È vero – egli dice – che il tempo è “immagine dell’eternità”, ma si manifesta tale nell’autocoscienza umana. Entrando in se stesso, l’uomo scopre quanto il suo essere sia “distensione nell’eternità”. Solo l’uomo vive la permanenza del passato attraverso il ricordo e l’anticipazione del futuro attraverso il progetto. L’animale non ha questa consapevolezza. Il tempo trova significato nell’animus che non è la semplice coscienza del sé, bensì coscienza del sé nella prospettiva dell’eternità. Questa tipologia del tempo per l’eternità rende adeguatamente ragione al tempo. C’è un detto popolare che dice: “il tempo è l’unica cosa che non si può restituire”. È così se ci si ferma alla sua pura dinamica, al suo inarrestabile scorrere. È così se il tempo è un fluire senza sbocco. Ma se il tempo è indirizzato verso la pienezza dell’essere, allora acquista significato e scopo… e può essere “restituito”. Immaginiamo un fiume che sbocchi in una sorta di pozzo senza fondo, le acque si perderanno inevitabilmente; ma il fiume vero è quello che sfocia nel mare o in un lago. In questo caso le acque non si perdono, trovano un’altra condizione, ma stanno lì, non svaniscono. Il tempo indirizzato verso l’eternità scopre di essere prefigurazione di una pienezza che, sola, può soddisfare il cuore dell’uomo. Solo così il tempo è davvero autentico… a differenza dell’inautenticità di un tempo che si dissolve nel nulla.   Corrado Gnerre