Mercoledì 9 Ottobre 2024

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Guglielmo di Ockham Uno dei “padri” della modernità

La modernità (ce lo siamo detto più volte) ha una caratteristica ben precisa: la pretesa dell’uomo di raggiungere una completa autosufficienza. Pretesa che a sua volta può essere raggiunta stabilendo un principio di netta separazione tra l’ordine naturale e quello soprannaturale, tra la vita dell’uomo e il giudizio di Dio, tra la politica e la religione, tra lo Stato e la Chiesa. Ovviamente la modernità ha avuto tanti “padri”, alcuni più famosi altri meno… Ma tutti hanno dato un contributo al successo di una categoria che ha portato e porta con sé tante conseguenze che definire “catastrofiche” è una sorta di eufemismo. Tra i “padri” della modernità va annoverato un filosofo del Medioevo, l’inglese Guglielmo di Ockham (1280-1349). Famoso per chi studia la filosofia, meno o per nulla famoso per chi si disinteressa di questa disciplina. Una pedina però importante nello scacchiere della modernità, una pedina di cui si deve parlare quando si tratta di apologetica filosofica.   Dal nominalismo al razionalismo e all’idealismo Veniamo al suo pensiero. Guglielmo di Ockham polemizzò tanto con san Tommaso quanto con Duns Scoto, ma in realtà voleva polemizzare con tutta la Scolastica. Sì: con tutta la Scolastica… Perché per lui ragione e fede non sarebbero armonizzabili ma del tutto in contrasto. La realtà – diceva – è costituita da esseri individuali e ciascuno di questi possiede caratteristiche proprie (ogni cane è diverso dall’altro, ogni uomo è diverso dall’altro...) e fin qui gli si può dare anche ragione. Ma poi aggiungeva (sbagliando!) che non ci sarebbe alcuna essenza comune (l’essenza di uomo, di cane, ecc...). Riguardo il problema degli universali, Guglielmo di Ockham seguì il nominalismo, cioè la convinzione che non esisterebbero concetti universali, o meglio che questi concetti sarebbero solo “nomi” e basta. La parola “uomo”, per esempio, sarebbe solo un simbolo creato convenzionalmente. Per questo Ockham può essere considerato il padre del razionalismo e dell’idealismo moderni. Del razionalismo moderno, perché la sua teoria lo porta a ritenere che la ragione non possa conoscere ciò che è aldilà dell’esperienza sensibile. Dell’idealismo moderno, perché la sua teoria afferma che gli universali sarebbero solo nomi a cui non corrisponderebbe una realtà oggettivamente esistente.   Negazione della dimostrabilità dell’esistenza di Dio Il vero sapere per Ockham è solo esperienza sensibile e basta; e non deve sfociare in un processo astrattivo. Tale convinzione produce almeno due conseguenze: il rifiuto del principio di causa e il rifiuto del principio di sostanza. Per la causa egli diceva che il procedere di un fenomeno dall’altro (il lampo e il tuono) non darebbe la certezza che il primo fenomeno (il lampo) sia causa del secondo (il tuono). Per la sostanza diceva che l’uomo percepisce sì le qualità che costituiscono i singoli oggetti, ma non può andare oltre e concepire queste qualità come attaccate ad un sostrato, che è appunto la sostanza. Negato il valore ontologico dell’universale, è del tutto naturale che Ockham arrivasse a negare qualsiasi possibilità di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio. La ragione non porta più alla fede. La fede non perfeziona più la ragione. Con Ockham alla fede ragionevole succede la fede cieca. Riguardo Dio, egli affermò che non vi è nessun argomento che possa fornirci certezza della sua esistenza, se non probabilità. Negando l’analogia dell’ente, Ockham arrivò a negare qualsiasi tipo di discorso certo sugli attributi divini e giunse finanche ad ammettere – altrimenti secondo lui si sarebbe dovuto ammettere in Dio una limitazione – la possibilità che Dio possa contraddirsi.   Teorico dell’assolutismo e del laicismo Ovviamente in politica Ockham fu un tenace sostenitore dell’indipendenza dello Stato nei confronti della Chiesa. Attaccò l’assolutismo cosiddetto “teocratico” del Papa (in realtà il potere del Papa non era mai stato teocratico), affermando che l’autorità imperiale non derivasse dalla Chiesa. L’autorità imperiale – affermava – non deriva dal Papa bensì dagli elettori che rappresentano il popolo, nel quale l’autorità risiede. Insomma, l’autorità politica proviene da Dio attraverso il popolo. Per questo, per l’elezione dell’imperatore, non sarebbe necessaria la conferma del Papa. È l’inizio dell’assolutismo, ovvero della concezione secondo cui chi comanda non deve render conto di nessun giudizio al di sopra di sé. In questo periodo di simili tesi politiche fu famoso diffusore un altro importante “padre” della modernità: Marsilio da Padova. Bibliografia Corrado Gnerre, Studiare la filosofia per rafforzare la Fede, vol. I, Studi apologetici Joseph oboedientissimus, Benevento 2008. Corrado Gnerre