Mercoledì 9 Ottobre 2024

00:16:14

Il totalitarismo

Si può parlare di Totalitarismo (T.) quando una parte pretende di sostituirsi all’intero per realizzare una nuova totalità. Nel T. politico, una fazione sociale pretende di sostituirsi alla società intera, allo scopo di creare una nuova società. Questa rivoluzione viene giustificata da una ideologia totale e imposta da un potere totale, che realizza una mobilitazione totale della società mediante una burocrazia che usa una tecnologia manipolatrice e mezzi di persuasione e di controllo di massa. L’ideologia del T. costituisce un corpus astratto e internamente coerente, ma refrattario a ogni verifica fattuale, che usa un metodo finalizzato a suscitare unmovimento permanente capace di realizzare una rivoluzione: qui il contenuto è funzionale al metodo e al mezzo, l’ortodossia all’ortoprassi, il dogma alla pastorale; non contano il chi, il cosa e il perché, bensì il come, il dove e il quando. Il T. ideologico pretende di rendere l’individuo assolutamente libero e indipendente, capace di relazionarsi direttamente con gli altri e col mondo inserendosi nella collettività, nella specie e nella natura, ossia fondendo tutti gli Io nell’unico Noi e tutti i Noi nell’unico Esso. A questo scopo, il T. pretende di costruire una nuova società che sia capace di ricreare l’umana natura mediante una prodigiosa mutazione antropologica che abolisca ogni forma di limitazione, di condizionamento e di alienazione, ogni forma di mediazione tra l’Io e il Noi (autorità, rappresentanza, gerarchia). Pertanto, il T. vuole distruggere la vecchia società con tutte le sue istituzioni, specie se prestigiose e venerate. Ad esempio, scendendo nel concreto, il T. vuole abolire la religione, perché per esso il senso e il fine dell’uomo sta nella sua vita naturale, terrena, storica. Il T. vuole abolire la famiglia per sostituirla con una comunità animata da un collettivismo emozionale. Il T. vuole abolire la scuola, sostituendola con un indottrinamento di massa che esclude verità da insegnare o formazione da imporre ma abitui l’Io ad adeguarsi al Noi comunitario. Il T. vuole abolire sia la politica, riducendola alla “gestione delle risorse umane”, che la stessa economia, riducendola alla “gestione delle cose”. Il T. vuole abolire la proprietà privata, perché essa è espressione della personalità individuale, della sua libertà politica e del suo radicamento sociale (Lenin). Il T. vuole abolire la categoria stessa delprivato, cancellando vita privata, riservatezza personale, rapporti privati, vita interiore; tutto deve diventare pubblico, collettivo, aperto; ne deriva il progetto di una società trasparente, nella quale l’intimità e il pudore diventano impossibili da praticare. Il T. ha una visione conflittuale della realtà. Pertanto esso non vuole l’ordine ma un certo disordine sociale istituzionalizzato funzionale alla rivoluzione. Per questo esso usa tutti i metodi che favoriscono lo sradicamento, la frammentazione e la manipolazione sociale. Il T. si sforza di suscitare conflitti sociali, siano essi tra ceti (liberalismo), tra classi (socialismo), tra nazioni (fascismo), tra razze (nazismo), tra generazioni (sessantottismo). Grazie a questa conflittualità permanente, il potere totalitario può pescare nel torbido, dividere i propri nemici e imporsi a tutti. In particolare, il T. cerca di trasformare i conflitti economici in conflitti ideologici e le guerre internazionali in guerre civili al servizio della rivoluzione. Gli è quindi necessaria la creazione di un “nemico oggettivo” da additare al popolo come “male assoluto”: l’aristocratico, il gesuita, il clericale, il nemico della patria, il borghese, il capitalista, il massone, l’ebreo, il comunista, il fascista, il nazista, l’antidemocratico, il moralista, il matusa, il razzista, lo xenofobo, l’“omofobo”, lo “specista”… Il T. fa ampio e capillare uso della propaganda per sedurre, manipolare e mobilitare l’opinione pubblica, creando un fittizio consenso di massa. Tale propaganda è tanto irrazionale e relativistica nei contenuti quanto razionale e scientifica nei metodi, mettendo le regole della retorica al servizio del progetto utopistico. Essa sfrutta gl’istinti primari e i riflessi condizionati delle folle, ingabbiandole in false alternative che spingono a una scelta prefissata (schiavitù o ribellione? reazione o rivoluzione? borghesia o proletariato? nazionalismo o internazionalismo? fascismo o comunismo? xenofobia o solidarismo?) La propaganda del T. manipola e falsifica il linguaggio, facendo sì che le parole veicolino significati opposti a quelli di uso comune, allo scopo di relativizzare la realtà, confondere le menti e neutralizzare i dissidenti, ma soprattutto di falsificare la memoria storica e cancellare i valori e le tradizioni popolari. Il T. rovescia l’ordine sociale, mettendo ciò che è generale e comune al servizio del particolare e della fazione. Pertanto esso pone la società al servizio dello Stato, lo Stato al servizio del Partito, il Partito al servizio del Dittatore. Lo Stato totalitario, organizzato come una burocrazia capillare e oppressiva, serve a controllare, poi paralizzare e infine sostituire la società, assorbendone tutte le funzioni. Il Partito totalitario, setta ideologica composta da rivoluzionari di professione e organizzata come apparato paramilitare, serve a mobilitare lo Stato contro la vecchia società. Il Dittatore totalitario, spesso un capo carismatico, un guru o sciamano, serve ad assicurare una certa unità artificiale del Partito (e quindi dello Stato e dell’intero regime) e impedire che il Partito ristagni o si atrofizzi perdendo la purezza e la carica rivoluzionaria, anche sottoponendolo a periodiche “purghe”. Per creare la nuova società, il T. deve imporre a quella vecchia un consenso coatto e una obbedienza assoluta ottenibile solo cancellando ogni dissidenza od opposizione. A questo scopo servono la militarizzazione generale, l’uso di una polizia segreta che costringa tutti allo spionaggio e alla delazione reciproche, la costruzione dell’“universo concentrazionario” (lager nazisti, gulag sovietici e laogai maoisti) e le finte “emergenze” interne o esterne che giustificano una legislazione di guerra. Il T. fa uso del terrore come strumento permanente di governo rivoluzionario. Esso serve, da una parte, a porre la società in stato di paura, instabilità, frammentazione, ricattabilità, manipolabilità; dall’altra, a fornire al regime una forza di penetrazione e di mobilitazione della società. Il terrore si esercita non solo su individui od organizzazioni, ma anche su interi ceti, classi, razze, categorie intellettuali, anche se non si oppongono attivamente al regime. Di fronte al T. non è possibile restare neutrali, poiché esso attacca non solo i propri oppositori ma anche tutti i cittadini, seppure indifferenti. Il T. in senso stretto caratterizza i regimi dittatoriali e monopartitici; esempi storici ne sono il regime giacobino, quelli comunisti, quello nazista e in parte quello fascista; alcuni includono anche certi regimi islamici. Ma il T. in senso ampio caratterizza anche regimi ”democratici e pluralisti”, ad esempio socialdemocratici o radicali o tecnocratici; si parla quindi di “deriva totalitaria del liberalismo”. Per questo molti studiosi sostengono che il T. è «una varietà di tirannia a legittimazione democratica» (Fisichella), è «la tirannide della età della democrazia di massa» (Polin), è «un regime che rende umanamente impossibile praticare le virtù cristiane» (Del Noce) e che crea «una forma moderna di schiavitù» (Hayek).      Bibliografia   - Domenico Fisichella, Totalitarismo, Carocci, Roma 2002 - Claude Polin, Totalitarismo, Armando, Roma 1984 - Jean Madiran, Caractères du totalitarisme moderne, Paris 1976 - La Cité catholique, L’homme en face du totalitarisme moderne, Office International, Lausanne-Sion 1964 - Juan Vallet de Goytisolo, El hombre ante el totalitarismo, in: Id., Mas sobre temas de hoy, Speiro, Madrid 1979, cap. XVII (pp. 363-398) - Juan Vallet de Goytisolo, El hombre ante el totalitarismo estatal: lìneas de defensa polìtico-jurìdicas, su “Verbo” (Madrid), n. 124-125 (1974), pp. 385 ss. - Gabriel de Armas, Autoridad y totalitarismo, Speiro, Madrid 1980 - Mario A. Cattaneo, Stato di diritto e Stato totalitario, Università di Ferrara, Ferrara 1977 - Miguel Ayuso, La cabeza de la Gorgona. De la hybris del poder al totalitarismo moderno, Nueva Hispanidad, Buenos Aires 2001 - Augusto Del Noce, L’avvenire del totalitarismo, su “Prospettive nel Mondo”, luglio 1976 - Augusto Del Noce, Totalitarismo e filosofia della storia, in Costanzo Casucci (cura), Il fascismo, Il Mulino, Bologna 1961, pp. 359-369 - Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino 2004 (R) - Jacob Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, Il Mulino, Bologna 1967 - José Pedro Galvão de Sousa, O totalitarismo nas origens da moderna teoria do Estado, São Paulo 1972 - Michel Schooyans, La dérive totalitaire du libéralisme, Paris 1991 - Alexandre Del Valle, Verdi, rossi, neri. Saggio sui tre nuovi totalitarismi,Lindau, Torino 2009 Guido Vignelli