Lunedì 29 Aprile 2024

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UN’ALTRA SCUOLA di Olavo de Carvalho

Traduzione a cura di Stefano Dal Lago Olavo de Carvalho, saggista, giornalista e filosofo “tradizionalista”, nato nel 1947 nello stato di San Paolo, è stato acclamato dalla critica come uno dei più originali e audaci pensatori brasiliani. Il tratto chiave della sua opera è la difesa dell'interiorità umana contro la tirannia dell'autorità collettiva, specialmente quando quest’ultima si fonda su un'ideologia "scientifica". Per Olavo de Carvalho esiste un legame indissolubile tra l'oggettività della conoscenza e l'autonomia della coscienza individuale, vincolo che si perde di vista quando il criterio di validità del sapere viene ridotto ad un formulario impersonale e uniforme ad uso della comunità accademica. Informazioni biografiche tratte da Internet ________________________________________________________________________ IL MODELLO GRECO (originale qui: http://www.olavodecarvalho.org/a-educacao-grega-e-nos/ , http://www.rplib.com.br/index.php/artigos/item/3465-ainda-a-educacao-grega ) L’ISTRUZIONE NELL’ANTICA GRECIA L'istruzione nell'antica Grecia, il cui innegabile successo è ampiamente dimostrato dalla creatività profusa in tutti i campi della conoscenza e dell'arte, consisteva soprattutto nel preparare i giovani ai più alti incarichi nei vari settori della vita pubblica: politica, potere giudiziario e la stessa istruzione. Se non è quindi una formula che può essere riproposta per l'educazione delle masse in generale e se oggi sarebbe utopistico tentare di replicarla anche per la formazione della classe dirigente - politici, dirigenti d'impresa, comandanti militari, vescovi e cardinali - rimane, tuttavia, un modello eccellente per l'istruzione dell'élite intellettuale. Non intendo dire che sia possibile o addirittura auspicabile istituire una scuola, per non parlare di un sistema educativo nazionale, che segua il modello greco. Non è in questo senso che uso qui la parola "modello". Me ne servo solamente per designare un'”unità di misura” o un termine di confronto che possa essere utilizzato per l'orientamento personale da parte di chiunque, si tratti di insegnanti, genitori impegnati in attività di homeschooling o studenti dediti all’educazione o ri-educazione di se stessi. Alcuni dei miei allievi sono ben consci di ciò e hanno già fatto tesoro dell'esempio greco sia per sé che per i loro figli o, in qualità di insegnanti, per i loro allievi. I FASE: LA FORMAZIONE LETTERARIA E ARTISTICA Dando per scontato il limite suddetto, la prima cosa che dovrebbe attirare la nostra attenzione è la priorità assoluta che nella Grecia antica veniva assegnata, per l’istruzione della prima infanzia, alla formazione letteraria e artistica. Dopo un'educazione morale di base impartita nell’ambito domestico, ciò che ai bambini si insegnava, non appena alfabetizzati, era in pratica solo a leggere e mandare a memoria le opere dei grandi poeti, partecipare a produzioni teatrali, cantare, ballare e fare ginnastica. Questo era tutto. Il resto, ciascuno lo apprendeva da solo o con insegnanti privati. Ecco come Platone descrive la situazione: “Quando hanno imparato a leggere e sono in grado di capire il senso degli scritti, come prima il senso delle parole, offrono loro da leggere sui banchi opere di grandi poeti e li costringono a imparare a memoria queste opere ricche di ammonimenti, celebrazioni, elogi ed esaltazioni di antichi uomini di virtù, affinché il ragazzo, preso da ammirazione, li imiti e desideri diventare simile a loro… Dopo che abbiano imparato a suonare la cetra, insegnano loro carmi di altri buoni poeti melici, facendoli accompagnare al suono della cetra e costringono così i ritmi e le armonie a penetrare intimamente negli animi dei fanciulli, perché siano più miti e, acquistato maggior equilibrio e interiore armonia, sappiano parlare e agire come si conviene. Infatti, tutta la vita dell’uomo ha bisogno di equilibrio e di armonia. Poi li mandano anche dal maestro di ginnastica, affinché possano disporre di corpi sani al servizio di una mente sana e per la cattiva condizione del corpo non siano costretti a scoraggiarsi in guerra e nelle altre azioni.” Protagora 325 d7 (traduzione italiana di Giovanni Reale) Nel suo documentatissimo saggio, A rte Libéraux et Philosophie dans la Pensée Antique (Parigi, Vrin, 2005), la studiosa franco-tedesca Ilsetraut Hadot aggiunge: "I giovani provenienti da famiglie benestanti ricevevano, in questo caso gratuitamente, un'istruzione supplementare, entrando a far parte di un coro tragico o lirico durante le feste religiose locali. Queste esibizioni erano spesso prime rappresentazioni di un'opera teatrale o recite di un poema di un autore contemporaneo; davano quindi ai giovani l'opportunità di restare in contatto con tutte le nuove creazioni letterarie del loro tempo e di impararle a memoria. Un simile tipo di formazione era così importante che Platone nelle L eggi (II, 654 ab) tende a identificare l'uomo colto ( pepaidymênos) con chi ha fatto parte di un coro per un tempo sufficiente ( ikanos kekoreykôta) e al contrario l'uomo incolto con chi non ne ha mai frequentato uno ( akôreytos). " Non è esagerato affermare che i giovani greci, molto prima di esordire nella vita pubblica, possedevano già una cultura letteraria superiore a quella media dei nostri attuali insegnanti di lettere. II FASE: L’EDUCAZIONE CIVILE La preparazione all’esercizio della cittadinanza aveva inizio solo dopo la chiusura della fase dell'istruzione scolastica: “Quando lasciano la scuola, la Città, dal canto suo, li costringe ad imparare le leggi ed a vivere secondo queste, affinché non agiscano di testa loro e di capriccio.” Ciò accadeva ben prima dell'avvento dei sofisti, professori itineranti che girovagavano di città in città insegnando l'arte della parola e della discussione in pubblico. I sofisti introdussero queste discipline nell'educazione di studenti già dotati non solo di una buona formazione letteraria e artistica di base, ma con una certa conoscenza delle leggi e dei principi che governavano la vita sociale, competenze rispetto alle quali la sofistica forniva soltanto un complemento specialistico avanzato. Platone approvava l’addestramento dei giovani nella tecnica del dibattimento in pubblico, ma sosteneva che il modo in cui i sofisti la insegnavano rischiava di corrompere gli allievi, instillando in loro il vizio di contestare tutto e tutti e rendendoli polemisti vani che, confidando nel potere illimitato della confutazione, finivano per non credere più a niente. Si riducevano così a contestatori cinici e amorali carrieristi: “I giovanetti, non appena hanno preso gusto alle prime discussioni, si servono di queste come di un gioco, sempre intenti a contraddire e, imitando quelli che li confutano, essi stessi, a loro volta, continuano a confutare, divertendosi, come fanno i cuccioli, a portare in giro e a fare a brandelli, a furia di argomentazioni, chi man mano capita loro a tiro… A questo punto, dopo che molti ne hanno confutati e da altrettanti sono stati confutati, tutto in un colpo sprofondano in una generalizzata e radicale sfiducia in ciò che prima credevano… Invece, chi abbia raggiunto una certa età, dovrebbe essere immune da questa specie di mania e scegliere come modello chi usa la dialettica per cercare la verità e non chi se ne serve come di un giocattolo per il gusto di contraddire.” La Repubblica VII 539 b2-c8 (traduzione italiana di Roberto Radice) III FASE: IL METODO DIALETTICO L'arte di fare della discussione un metodo per la ricerca della verità, piuttosto che un semplice gioco o un modo per aver successo nella vita, è proprio ciò che Socrate introdusse nella formazione greca e Platone perfezionò col nome di dialettica. Il pubblico che si rivolgeva a Socrate per imparare quest’arte non era costituito, dunque, di bambini e ragazzi, ma di adulti giovani e meno giovani che avevano già superato le prime due fasi dell’istruzione greca: la formazione letteraria e artistica e l’addestramento ai pubblici dibattiti. Con Socrate apprendevano un modo di discutere che non mirava a sconfiggere un avversario, ma a confrontare idee e ipotesi diverse tra loro conflittuali, allo scopo di individuare i principi comuni che di tutte davano ragione, avanzando così di un passo nella direzione dell’accertamento della verità sull'oggetto discusso. Un simile esercizio era a tal punto alieno dalla ricerca della vittoria sofistica, che poteva essere compiuto tanto in gruppo quanto singolarmente, tanto ad alta voce quanto col pensiero. Aristotele apprezzava la dialettica socratico-platonica e la impiegò in abbondanza nel corso delle sue ricerche filosofiche, giudicandola addirittura l'unico metodo scientificamente praticabile per l’esame delle questioni nuove e inesplorate, quando non si dispone di alcun principio o premessa generale e si tratta appunto di scoprirli per la prima volta La sistematizzazione aristotelica della dialettica contenuta nel libro dei T opici costituisce, storicamente, la prima formulazione generale di ciò che in seguito verrà denominato appunto "metodo scientifico". IV FASE: L’ARTE DELLA LOGICA Aristotele si rese conto del fatto che alla base degli scontri dialettici si poneva un criterio implicito, non formulato, per misurare la coerenza dei discorsi. Ogni discussione dialettica mirava a identificare le premesse, i principi fondativi per lo studio di questa o quella questione, premesse da cui si potessero poi trarre conclusioni valide. Ma, da un lato, la dialettica non aveva modo di distinguere se questi assunti fossero assolutamente veri o solo più ragionevoli di quelli da cui la discussione aveva preso inizialmente le mosse. E, d'altro canto, l'intero sforzo dialettico era guidato da un ideale di coerenza discorsiva che la stessa dialettica non giungeva ad esplicitare. Ciò che fece Aristotele fu quindi rendere palesi i requisiti sottesi a tale ideale e formulare l'insieme delle regole che si dovevano adottare per conseguirlo. Fu questa l’arte che chiamò “analitica”, in seguito detta "logica". Aristotele insegnava questa tecnica nel Liceo, scuola da lui fondata come una sorta di prolungamento specialistico dell'Accademia platonica. Gli studenti che vi si recavano per apprendere l’arte della logica dal maestro giungevano quindi già equipaggiati con l’intero bagaglio di competenze accumulato nelle tre fasi precedenti: la formazione letteraria e artistica, l’addestramento sofistico alle discussioni pubbliche e infine la dialettica socratico-platonica. I GRECI E NOI Questa succinta panoramica mostra come in Grecia tanto il percorso generale di sviluppo dell’istruzione quanto la successione delle fasi di apprendimento attraversate da ogni singolo studente presupponessero già implicitamente e di fatto la scala dei gradi di credibilità che Aristotele avrebbe poi definito stabilendo la gerarchia del discorso poetico, retorico, dialettico e logico-analitico, teoria che mi piace chiamare "dei quattro discorsi". Questa concordanza di progressione tra l'evoluzione storica di una cultura e la struttura a tappe dell’apprendimento personale prova che l'ordine inerente all'educazione greca rappresenta realmente un modello ideale, nel senso proposto sopra. Ovunque siano sorti un ceto intellettuale e una classe dirigente capaci, adatti ai più alti compiti della vita culturale e politica, il sistema educativo che li ha preparati ha ricalcato a grandi linee il modello greco. L'amministrazione coloniale britannica è un esempio. La serie quasi completa dei presidenti americani ce ne presenta un'altro. Quando la scuola cessa di perseguire la trasmissione di valori universali e perenni e coltiva l’ambizione di infondere nei fanciulli il culto di quanto appare più recente e fugace - che vada sotto il nome pomposo di "conquiste avanzate della scienza e della tecnologia" o qualsiasi altro - il risultato è sempre, immancabilmente, decadenza, barbarie, stupidità generalizzata.