Sulle motivazioni e sulle ragioni di una scelta come quella di tenere i figli a casa da scuola in giro si dice molto. Tanti ne parlano, alcuni ne scrivono, pochi lo fanno. Forse, con beneficio di inventario, posso provare qui a riassumere qualche aspetto delle nostre, prima di sondarne quello poetico, che inaspettatamente incorona, ingioiella, abbellisce la faccenda tutta.
Iniziamo con il decadimento della vera cultura, a grande vantaggio del nuovo sapere tutto dedito alle competenze Invalsi style: test, crocette, grafici e tabelle a risposta chiusa, si, no, vero, falso. Niente più analisi grammaticale tradizionali, voce del verbo analizzare, prima coniugazione… niente più bella calligrafia, niente letteratura nobile per l’infanzia, solo streghine, maghetti e zucchette capricciose, animali che si annoiano e si arrabbiano, comprensione di testi idioti e relativi quiz.
Niente più Leopardi, Carducci e Manzoni a memoria, solo un esercito di addetti alla neo lingua di regime che tutti sono tenuti a ben memorizzare sin da piccoli: accoglienza, integrazione, genere, riciclaggio rifiuti, riscaldamento globale. Moltissima cacografia, un po’ di disordine, moltissimo accanimento nozionistico finalizzato a un futuro lavorativo in batteria. Impossibile accedere a qualunque residuato di cultura classica occidentale, di vera storia, di antica letteratura o nobile poesia. Anche dove trovassimo buoni insegnanti, nessuno è potuto scampare alla livella di sua maestà la Didattica dell’Inclusività, quella che tutto appiattisce per tutti far passare.
Oltre a ciò, niente più radici cristiane: la religione cattolica come
fondamento e coronamento dell’istruzione come da Programmi nazionali del 1955, è archiviata per sempre. Pensiamo alle prime pagine di storia di un manuale di terza elementare: la creazione del mondo relegata nel paragrafo “miti e leggende”. Pensiamo alle feste liturgiche principali, di cui il cittadino laico gode appieno le ferie e di cui si negano a scuola, come a casa, le origini e i segni principali.
Massima attenzione e dedizione all’educazione sessuale forzata a tappeto sulla popolazione infantile, a partire dai 3 anni. G
ender docet
: operatori e utenti della scuola si affrettano a negare l’esistenza di una nuova materia scolastica in pieno regime trasversale: ogni disciplina da ora in poi, grazie al progetto
Polite (Pari Opportunità nei libri di testo) con la firma dell’Associazione Italiana Editori (AIE), dovrà esserne impregnata. Il tutto già ben spiattellato sullo
Standard per l’Educazione Sessuale in Europa nato a Colonia nel 2010 e siglato OMS, che noi, genitori degeneri e irresponsabili, abbiamo letto con attenzione e dove nero su bianco vengono incoraggiati
masturbazione infantile precoce,
scoperta dei propri genitali a scuola,
gioco del dottore e altre cosine innocenti. Ecco: finalmente, per la tranquillità di tutti, il superamento dei pregiudizi di genere è garantito da un possente progetto trasversale volto all’indottrinamento di massa del fanciullo.
La famiglia italiana
a la page cosa se ne fa? Un baffo. Organizza feste, viaggi, corsi, cene e incontri. Corre a prendere i figli a scuola e li porta in palestra, lamentandosi della faticaccia. La domenica tutti alla partita di calcio dei figli e la sera apericena (che razza di parolaccia, perfino word me la segna
errore) per i 40 anni dell’amico, in qualche locale possibilmente
industry e affollato.
In poche parole, in qualche anno di scuola, si fa un bel falò di quattro cosucce come l’uso della ragione, la libertà di pensiero, la vera cultura, l’amore per le proprie radici e la patria, la fede cattolica e di conseguenza il desiderio di conoscenza della verità, il riconoscimento del bello, il rifiuto del male e ancora: la purezza dei costumi, il coraggio, la lealtà, l’onestà, l’eroismo. La santità.
Dato che questo quadro fa venire i brividi a meno dell’1% degli italiani, questa mia risulta anacronistica e dovrei finirla qui. Eppure ancora voglio insistere, perché del tenere i figli a casa, oltre a un tentativo nemmeno così disperato di sopravvivenza di molti di questi valori, ho scoperto un aspetto poetico, quasi metafisico.
Pensate a un hangar in cemento armato e poi a un cottage in pietra nella brughiera inglese.
Oppure al condominio in piastrelle gialle con le tende in plastica e poi a un monastero armeno.
Pensate al testo di una canzone Trap e poi all’
Amore amato di Giovanni Papini.
O all’ultima costosissima chiesa-garage di Gioia Tauro e poi all’Abbazia di Senanque in Provenza.
Immaginate di passeggiare di notte al freddo in periferia e poi pensate alla dolcezza di una gita in campagna a fine maggio.
Pensate alla vostra vecchiaia in una casa di riposo con le luci al neon, o davanti al camino di casa con i nipoti che vi giocano in braccio.
Immaginate i giardinetti di corso Inghilterra e poi il giardino italiano della reggia di Caserta.
Provate a confrontare la preghiera dei fedeli per l’unione dei cristiani, con la Via Crucis san Leonardo di Porto Maurizio
Ecco ci siamo arrivati.
Fare scuola a casa ai figli è dolce come un fuoco che scalda, poetico come un antico monastero in pietra, commovente come una gita di fine maggio sotto i ciliegi fioriti, esaltante come un’abbazia medioevale davanti a una distesa di lavanda.
Fare scelte difficili costa fatica e sudore, consuma gli anni migliori della vita e apre l’orizzonte a cose grandi, come raccontare l’Odissea sul divano di casa, insegnare la grammatica sui libri di lettura di Tolstoj, far amare Giotto quando racconta la storia di Gesù nella cappella degli Scrovegni, imparare a tessere la lana sul telaio, o a forgiare la creta e a usare gli acquerelli, ascoltare e raccontare Il flauto magico di Mozart insieme.
La poesia di insegnare tutto ai figli è come fare un volo d’angelo. Quel sogno frequente che si fa da piccoli: gettarsi in volo da un monte e volare davvero (anche la matematica analogica del maestro
Bortolato che noi usiamo tanto, è un volo, lo dice lui!).
Insegnare ai figli lo sguardo verticale, la scelta delle cose più ardue, la grandezza della vera libertà attraverso una rima o un’endecasillabo sciolto imparato a memoria è un po’ più faticoso, ma supera ogni aspettativa.
E scioglie dai ricatti del mondo che vuole farvi credere che un hangar, una canzone Trap, una luce al neon, sia tutto quello che si può avere dalla vita.
Se non ci credete, provateci.