Venerdì 1 Novembre 2024

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Non “Francesco d’Assisi”, ma san Francesco d’Assisi

Scelse di vivere rinunciando a tutto, a ogni forma di proprietà personale. Ma lo scelse solo per se stesso e per chi liberamente voleva seguirlo. Non lo impose agli altri. Scelse di vivere in perfetta pace. Ma mai criticò la necessità sociale della guerra giusta, a partire dalle crociate. Scelse di andare a parlare con il sultano. Ma non per “dialogare”. Bensì per convertirlo, per tentare di salvargli l’anima e salvare l’anima di decine di milioni di persone. Scelse di amare gli animali. Ma mai insegnò ad alcuno che vi sia una sorta di uguaglianza ontologica con gli uomini o perfino con il mondo vegetale e inanimato. Mai fu panteista, ma sempre caritatevole nella consapevolezza dell’ordine del creato voluto da Dio. Scelse di dare con la sua stessa vita quotidiana l’esempio di come poter riformare il clero corrotto del tempo. Dimostrò loro che era possibile vivere il Vangelo. Ma mai si ribellò alla Chiesa, ai vescovi, ai sacerdoti. Anzi, insegnò sempre il massimo rispetto e amore che si deve a un sacerdote di Cristo, perfino anteponendolo agli angeli stessi, se il sacerdote è degno del suo ruolo. Francesco fu insomma riformatore, mai eretico e ribelle. Amava gli animali, ma mai animalista. Pacifico vero, ma mai pacifista. Missionario, ma mai ecumenista. Povero, ma mai comunista. Fu “alter Christus”, non ideologo o rivoluzionario. Non fu insomma “Francesco d’Assisi”. Fu san Francesco d’Assisi. Niente di più facile da capire e niente di più difficile da far accettare oggi. Non v’è santo o personaggio storico più mistificato di lui, per opera anzitutto di molti dei suoi figli e del clero odierno. Questo invece fu il Patrono d’Italia. Il santo più simile a Cristo mai esistito. E questo, e solo questo, è per noi san Francesco. E per questo il nostro cuore è con lui ad Assisi, pur nell’incommensurabile incapacità personale di poter solo sfiorare l’unghia del piede della sua santità, coerenza, capacità di penitenza e di amare Dio e il prossimo. Una Chiesa che si “adegua ai tempi”, crede di seguire i “segni dei tempi”, segue solo il percorso del suo annientamento. Infatti, una chiesa tale non è più la Chiesa e non ha più ragione di esistere. Può solo trasmutare in altro, come sta accadendo. E questo per almeno cinque motivi: 1) perché il suo Fondatore ha detto “Siate nel mondo ma non del mondo” e “vi lascio la pace, vi dò la mia pace, non come la dà il mondo io la dò a voi”. Pertanto, è una chiesa che, attaccata al mondo e supina ai poteri terreni, disobbidisce al suo Fondatore e in quanto tale non ha più senso di esistere; 2) Perché il tempo è la legge del divenire, è il “panta rei” che dissolve ogni essere, ogni certezza, ogni legge, ogni oggettività. Se ci si adegua al tempo, si perde l’Assoluto e l’Essere e si cade nella relativismo del divenire. E, infatti, lo verifichiamo ogni giorno; 3) perché “i giorni sono cattivi” (Ef. 5,16) e il tempo di questo mondo è il tempo che odia la Chiesa, e la odia a prescindere, sia che questa si adegui o non si adegui ai tempi. E, infatti, lo verifichiamo ogni giorno: più si adegua, più il mondo l’accusa di essere inadeguata e pretende maggior adeguamento, in un processo irreversibile verso la dissoluzione; 4) perché la Chiesa, come Corpo mistico di Cristo, è essa stessa il tempo. O meglio, è oltre il tempo, essendo radicata e proiettata nell’eternità. Pertanto, una chiesa che si adegua ai tempi e segue i segni dei tempi è un ossimoro e una stupida cosa destinata a implodere; 5) perché, nella foia di seguire i segni dei tempi e di adeguarsi al mondo, perde la lucidità di giudizio sul mondo stesso e non è più madre e maestra. E infatti rinnega il suo passato e i suoi stessi dogmi e le sue stesse leggi di fede e morale. Perfino la sua bimillenaria liturgia. Pertanto, non è più Chiesa in quanto non è più arca di salvezza individuale e collettiva. Di questa chiesa, che si è sottoposta al tempo, resteranno solo le ceneri, come di ogni corpo materiale che ha perso lo spirito. Chi oggi ride e pensa di essere furbo, domani piangerà. Chi piange, domani sarà salvo. Come faccio a dire questo? Ovvio. “portae inferi non prevalebunt”, ha detto il suo Fondatore. E il suo Fondatore non guardava ai segni dei tempi né si preoccupava di essere alla moda, essendo Egli stesso la Verità eterna e immutabile e al contempo il Signore del tempo. Né tanto meno si preoccupava di piacere ai signori del mondo, i quali sono tutti sotto il suo eterno dominio. Questa chiesa schiava del divenire, modaiola e che ha scambiato i servi per il padrone, passerà, come pioggia sui tetti. Poi tornerà il sole della Chiesa di sempre. E, paradossalmente, molte cose lasciano sperare che “i tempi” stiano per cambiare.