4 novembre 2025
Il cardinale Ruini, ormai divenuto da anni esponente del conservatorismo ecclesiastico di linea woityliana (ciò che però non era ai tempi di Giovanni Paolo II e nemmeno di Benedetto XVI), ha affermato che:
“Il Concilio fu un momento di grazia. I problemi vennero dopo”.
Ora, non entrando, per ovvie ragioni di tempo e spazio, nel merito della prima affermazione, soffermiamoci un istante sulla seconda.
E’ infatti importante sottolineare una cosa tanta evidentissima e incontrovertibile quanto negata, o almeno sconsideratamente ridotta nella sua portata, da gran parte del mondo cattolico odierno, conservatori compresi:
ovvero, che dopo il Concilio, ci furono “problemi”.
Il Cardinale Ruini ha ammesso una cosa fondamentale, che nella nostra vita ci siamo sentiti negare, o almeno sminuire nella intrinseca gravità, per decenni.
Il che sta a significare, però, che questi “problemi” non iniziano,
secondo la barzelletta tanto diffusa in determinati ambienti papolatrici, con Bergoglio,
ma subito dopo il Concilio.
E quindi coinvolgono tutta la Chiesa post-conciliare. Nessuno escluso.
E questo è il primo di tutti i problemi.
Chiarito questo, occorre però porre una domanda a Sua Eminenza:
se i problemi iniziano dopo il Concilio, che è stato un momento di grazia, perché iniziano?
Come è possibile che da un momento di grazia epocale per tutta la Chiesa, derivino poi i “problemi” che da decenni devastano la Chiesa stessa a tutti i livelli e su tutti i piani, in una deriva inarrestabile?
Come è possibile, Eminenza, che l’acqua che nasce da una fonte non sia l’acqua di quella fonte?
Come è possibile che 2 non sia la somma di 1+1?
Come è possibile che la Chiesa – pur essendo sempre peccatrice nella sua natura umana – abbia però insegnato armonicamente, rimanendo costantemente Madre e Maestra dell’umanità, per diciannove secoli alla luce della sua natura divina,
per poi arrivare, proprio a partire dagli anni Sessanta, a precipitare in un clero odierno che insegna sovente esattamente l’opposto di quanto insegnato per diciannove secoli?
Come è possibile che oggi le massime gerarchie odierne, nessuna esclusa, avallino la sodomia, anche esperita, sessualmente (vedasi le dichiarazioni di mons. Savino) come momento di arricchimento spirituale? O magari che affermino che tutte le religioni salvano?
O magari che si pieghino pateticamente all’ideologia ecologista, in se stessa chiaramente gnostica, panteista, pagana e anti-umana, sostenendo che è “altamente spirituale”, al punto da venerare idoli pagani e benedire ghiaccio come simbolo di preghiera?
Come è possibile che proprio con il Concilio Vaticano II, unico nella storia dei concili ecumenici della Chiesa che sia stato dichiarato pastorale e quindi non dogmatico, si siano di fatto gettati alle ortiche i precedenti venti concili ecumenici dogmatici e tutta la dottrina spirituale, teologica e morale precedente, che era dogmatica?
E’ davvero solo un caso che, subito dopo il Concilio, si sia rivoluzjonata la liturgia che armonicamente la Chiesa aveva creato nel corso dei diciannove secoli precedenti e codificato ormai da quattrocento anni?
Davvero il Concilio non c’entra nulla con questa folle e dissolutiva rivoluzione liturgica? E davvero questa folle e dissolutiva rivoluzione liturgica non c’entra nulla con la rovina della Chiesa post-conciliare?
Davvero l’aver, con il Concilio e la sua liturgia, posto l’uomo al centro dell’interesse e della liturgia della Chiesa al posto di Dio non è causa essenziale della rovina posteriore?
Davvero l’aver definito il Concilio “Nuova Pentecoste”, non ha voluto significare che la prima, quella vera, era, come dire, “scaduta” e andava sostituita?
Davvero l’aver affermato che la Chiesa si doveva aprire al mondo e non doveva più condannare il mondo non ha comportato, come insegnato dal Fondatore, il divenire come il mondo? Anzi, il divenire serva del mondo, smettendo di essere, nella sua natura umana, serva di Dio?
Davvero il Concilio è stato un momento di Grazia avulso dalla rovina post-conciliare? O piuttosto la mela non cade mai lontano dall’albero che l’ha prodotta?
Potremmo continuare a lungo con i “davvero?”, ma chi non è in buona fede non accetterà mai la realtà, mentre chi lo è dovrebbe aver già capito da molto tempo.
Conclusione: è importante l’ammissione del Cardinale Ruini sui “problemi” (diciamo così… eufemisticamente) della Chiesa post-conciliare. Ma rimane sempre la posizione del conservatore, che ammette una parte di verità per non dover piegarsi alla verità tutta e lasciare spazio a ciò che vero non è.
E’ la “malattia infantile” del conservatorismo: l’adattamento parziale della realtà ai bisogni propri e a quelli del mondo per non andare troppo contro se stessi e contro il mondo.
Ne vediamo sparsi ovunque, di questi servi del mondo, seguiti da schiere di ingenui, idolatri sentimentalisti e furbacchioni carrieristi, pronti a ogni tradimento e a rinnegare in un attimo le grazie straordinarie ricevute da Dio per un piatto di lenticchie.
Prendiamo il lato buono dell’affermazione autorevole del Cardinale Ruini: nella Chiesa post-conciliare ci sono “problemi”.
Non ve n’eravate accorti? (MV)